Ognuno combatte le proprie battaglie.

Questo è un dato di fatto assodato da qualunque frase filosofeggiante postata su qualunque social network da almeno un migliaio di ragazze in bikini ormai.
Poi con la nuova collezione estiva di Calzedonia le frasi si fanno sempre più serie e profonde, perché c’è da sborsare sempre più soldi per i loro costumi sempre più striminziti.


Comunque ognuno combatte le proprie battaglie. E da fuori gli altri non lo capiscono mai. Quest’ultimo è un dato di fatto assodato dalla vita di tutti i giorni.

Prendete mio padre, ad esempio. Lui quando fa colazione, pranza o cena è una battaglia continua. Non se ne salva nessuno dei suoi pantaloni o delle sue magliette.
Non appena arriva qualcosa di commestibile nel raggio di 50 centimetri da lui state sicuri che mio padre inizia a lottarci e finisce sempre che perde. E l’esito di queste battaglie mia madre le vede tutte, indelebili, su ogni vestito.
Sono 61 anni e mezzo che la battaglia impervia, impetuosa e senza alcun armistizio. Mia madre ne è la silenziosa partecipe da 29 anni e ormai lei si è arresa.
Mio padre no.
Lui è padovano.
Lui non si arrende.
Lui bestemmia.
Si riprende.
E riparte all’attacco.
Il secondo che il boccone comincia a scivolare dalla forchetta o dal cucchiaio inizia una dance macabre in cui lui si sbraccia, si piega, raggiunge livelli di elasticità corporea tipo matrix, tenta di evitare l’inevitabile (cosa che fomenta altre bestemmie tra le sue corde vocali) e assiste basito al verificarsi di tale inevitabile fattaccio.
Ma non demorde e, al pasto successivo, ci ritenterà.
Perché le battaglie che ognuno combatte, continuerà a combatterle sempre.

Prendete mia madre ad esempio. Io la conosco da 24 anni e un giorno e non c’è stata una volta che io non l’abbia vista lottare ferocemente con gli spaghetti. Devono odiarsi, mia madre e gli spaghetti, perché ogni volta che quella santa donna li vuole cucinare comincia a spezzettarli uno per uno con cattiveria inaudita e glielo leggi negli occhi che vorrebbe avessero un cervello e dei nervi per processare il dolore. A nulla è valso il mio raggiungere l’età della ragione e il tentativo di spiegarle che si cucinano lo stesso anche se li si tiene interi.
Ma mia madre no.
Lei è di Bolzano.
Lì sono troppo vicini agli austriaci per fermarsi davanti a qualcosa.
Mia madre si tira su le maniche.
Sproloquia qualcosa tipo “Maledetta Repubblica Di Venezia. Viva Franz Joseph!”.
E riattacca a lottare con gli spaghetti come Don Quisciotte con i mulini a vento. Uno per uno li affronta imperterrita e, dopo una buona mezz’ora, li butta nell’acqua trionfante nel suo piacere estatico.
Finché deve far da mangiare per quattro persone va bene e ce la caviamo in mezz’oretta. Quando abbiamo i pranzi di famiglia e qualcuno propone spaghetti si sente partire un urlo disperato o da me o da mio padre o da mia sorella.
24 anni e un giorno che vedo combattere mia madre con gli spaghetti. E non finirà mai, perché le battaglie che ognuno combatte, continuerà a combatterle sempre.

Prendete me ad esempio. Sono due settimane che combatto contro lo stesso brufolo.
Ma non c’è niente da fare, rinasce sempre dove l’avevo lasciato sul campo di battaglia (che poi sarebbe la mia guancia destra).
È una cosa tipo una delle fatiche d’Ercole. Quella con l’Idra che non gli poteva tagliare la testa, che ne darebbe spuntate fuori altre tre.
Ecco, io ammazzo il mio brufolo.
E ne sorgono 5 dove prima ce n’era uno.
E a nulla vale mia madre che mi intima di stare ferma, il dermatologo, lo specchio e il buon senso.
Io no.
Continuo imperterrita.
Dico, l’avete letto, no, di chi sono figlia?
Ecco.

La morale dunque è: non giudicare gli altri, perché ognuno combatte le proprie battaglie, anche quando non ce ne accorgiamo.

Anche se nel mio caso credo se ne siano accorti tutti.