Marco amava Valentina.

La amava tantissimo, talmente tanto che tutto il vocabolario intero in suo possesso non avrebbe saputo esprimere questo sentimento con le giuste parole.

La amava come i pancake la domenica mattina.

La amava come le battaglie con le pistole ad acqua nei pomeriggi di agosto.

La amava come le figurine dei pockemon, quelle rare che era riuscito ad ottenere dopo lunghe trattative.

La amava come il game boy. Il Game boy advance, però, quello nuovo appena uscito.

La amava come il primo giorno delle vacanze estive, quello in cui ancora non devi iniziare a fare i compiti e hai talmente tanto tempo a disposizione che lo perdi tutto a tentare di capire cosa potresti fare.

La amava come le big bubble che fanno le bolle.

La amava come il gelato al gusto Puffo Blu, a 80 centesimi a pallina.

La amava.

Punto.

E non c’erano molte parole a disposizione per dirglielo tutto, questo amore.

Quindi si avvicinò a lei. Sarebbe stata una missione difficile, perché Valentina stava parlando con Vittoria della terza B. Questo voleva dire chiederle di stare un po’ da soli e Vittoria avrebbe scoperto tutto. Vittoria glielo avrebbe letto in faccia ancora prima che lui potesse dire qualcosa. Anzi se solo si fossero voltate si sarebbero accorte di lui e Vittoria avrebbe capito tutto e lo avrebbe detto a Valentina ridendo. Invece Valentina non avrebbe capito nulla. Non avrebbe capito perché uno come lui si desse qualche speranza di amare una come lei. Ma Marco ci doveva provare lo stesso, perché se non si è coraggiosi, nella vita, “va tutto a remengo”, come diceva sua nonna.

Solo due parole avrebbe dovuto dire. Niente di più. Si avvicinò e Valentina e Vittoria si voltarono guardandolo con aria interrogativa.

Le due parole sparirono completamente dalla mente di Marco. Tra un orecchio e l’altro aveva semplicemente un fischio che non gli permetteva di pensare a nulla. Addio pancake, pistole ad acqua, figurine, game boy, big bubble, gelato e tutte le belle metafore che gli riempivano la testa prima. Che per lui mica erano metafore, erano solo un altro modo per dire “Valentina”.

 

Marco gonfiò le guance e fece una pernacchia con la lingua fuori alle due bambine davanti a lui. Poi corse via.

Le due bimbe si guardarono e risero e si dissero che in fondo tutti i maschi sono proprio animali e non capirono perché avessero ricevuto una pernacchia del genere.

 

A dire la verità nemmeno Marco capì il motivo del suo gesto.

Ma, in fondo, lui quando guardava la sua Valentina non capiva proprio più niente.