Ho sognato le bianche scogliere di Dover. Non saprei dire perché.

Poi mi sono svegliata e ho fatto il caffè. Sapeva di caffè, di fredde mattine d’autunno e di ritardi.

Ho guardato la doccia e le ho chiesto se avesse voglia di compagnia e ci siamo abbracciate a lungo nel vapore di un affetto solitario.

L’armadio mi ha ricordato che avevo degli impegni. Non so se fossero impegni importanti, ma le grucce hanno insistito perché mi mettessi la gonna e la camicia. E le calze, perché ormai non fa più troppo caldo.

Non volevo fare di fretta, perché non ho più voglia di correre. L’estate e la primavera vanno bene per correre. L’autunno va bene per i ricordi, per le cose lente come le lumache, per le calze di lana, gli stivali da pioggia colorati e per zittire la sveglia. Anche le foglie cadono lentamente, in autunno, perché nessuno ha fretta di morire quando rimugina sui ricordi più belli.

Mi ha chiamata il bollitore fischiando, perché si era ricordato che mi piace il tè e con il tè sono rotolati fuori i biscotti dalla credenza.

Allora ho bussato al telefono e gli ho chiesto se potesse recapitare un messaggio e il messaggio diceva che non me la sentivo di star bene, quel giorno. Avevo come il sentore di dover stare a pensare a qualcosa di importante.

Così mi sono accoccolata sulla schiena del divano, pensando alle bianche scogliere di Dover e ho dimenticato la vita.