A volte ho bisogno di uno psicologo.

Così perché devo dire ad alta voce quello che penso.

Parlo spesso a me stessa, davanti allo specchio. Non ci penso, magari sono lì per pettinarmi o truccarmi e prima che io possa realizzarlo sto già parlando. Il mio riflesso allo specchio parla solo inglese e sparlucchia un po’ di francese, ma non un gran ché, quindi non gli posso parlare dei miei problemi in francese e a dire le cose in inglese tutto sembra molto più serioso ed importante.

Quindi ho bisogno di uno psicologo.

Il mio psicologo è una donna che si chiama Rachele Anna Tani.

Rachele Anna Tani è la mia prozia (quella che chiamo Zia Anna, o ZiAnna per far presto, o Ziona quando si vuole sottolineare la sua mole – a lei però diciamo che la chiamiamo così perché le vogliamo un gran bene e allora tutto il bene che le vogliamo entra nel suo nome, quindi non è una zia è una zioooona grande. Ho lei e l’altra Zia che si chiama Orietta e la chiamiamo Zia Etta, o ZiEtta per far presto. Quindi, nel mio albero genealogico ci sono ZiAnna e ZiEtta, ma la mia psicologa è la Ziona. Cioè la ZiAnna).

Si fa pagare in dolci, precisamente in millefoglie, oppure in frittelle, ma solo quelle con la crema.

Quindi ogni tot di giorni io vado in centro, mi fermo in pasticceria, prendo due porzioni di millefoglie e poi suono a casa sua.

Mi accoglie sempre dicendo: – Amore mio bello, cosa mi racconti? Sentiamo un po’.-

A volte le dico che non ho nulla da raccontare e allora non parliamo, ci guardiamo e capiamo di volerci molto bene. A volte le dico: – Ah, Ziona, sapessi… –

Allora ci sediamo al tavolo della cucina, una di fronte all’altra, io apro il pacchettino del dolce, lei prende le due forchettine e cominciamo a mangiare, lei a un’estremità e io all’altra. E ogni boccone è una cosa e la torta finisce in fretta, ma le cose di cui parlare no.

 

Lei ha molta esperienza della vita, ma ora è un po’ sorda e vive un po’ nelle sue idee che viaggiano a cavallo del tempo, tra il 1932 e oggi. Quindi non so bene quanto in realtà ascolti me e quando invece i pensieri che le frullano in testa, quanto capisca e quanto si immagini, ma lei ascolta sempre fino alla fine, poi fa un cenno col capo e afferma che è sempre, ineluttabilmente, intrinsecamente, ineccepibilmente e costantemente colpa mia.

Perché, dovete saperlo, io ho un caratteraccio terribile.

Quello che non dice, però, è che l’ho preso tutto da lei.

Comunque sia le sedute con mia zia sono sempre lunghe e si concludono sempre con consigli molto efficaci ed azzeccati. Quello di oggi si riferiva agli uomini:

 

– Gli uomini sono buoni solo per la riproduzione. – Ho affermato io decisa, dall’alto della mia esperienza con il genere maschile.

Mi ha guardata, scuotendo un poco la testa e sorridendo sotto i baffi.

– Ma no, cicia, non puoi mica essere così cinica alla tua età, dai. Guarda che anche io ho fatto le mie cavolate, sai, ma ora a me un uomo piacerebbe averlo! –

L’ho guardata, incuriosita, perché io ero rimasta che mia zia di amanti, in gioventù, ne ebbe di tutti i generi, ma alla fine non si sposò mai, orgogliosa della sua indipendenza.

– Ma sì, – insiste lei, – dico la verità! Gli uomini sono più utili di così. Prendi me, ad esempio, sono due giorni che me ne sto con la caldaia rotta e l’acqua fredda e guarda lì in alto, ci sono due lampadine rotte sul lampadario. Ad avere un uomo si risolverebbero queste cose. Vedi, dunque, che allora possono servire a qualcosa?-