Io li chiamo i doppi pensieri.

Sono quelli che arrivano e sono belli, dolci, magari rivangano un po’ il passato e ti portano un sorriso, ma che subito dopo si portano appresso l’altro lato della medaglia e si autorovinano ricordandoti cosa ha fatto marcire le cose belle del primo pensiero.

I doppi pensieri vengono sempre a braccetto e sono sempre in coppia: il bello e il brutto, la certezza e l’insicurezza, il mi fido e il non mi fido più, quel che c’era e il motivo per cui ora non c’è più.

Sono un po’ come dei boomerang lanciati dalla tua mente per autoinfliggersi qualcosa di brutto tipo il cilicio, perché lo scopo di un pensiero doppio non è m-a-i quello di riportare a galla il primo pensiero, ma il secondo. Il rovescio nero della medaglia è il fine ultimo e ti si appiccica addosso come una ragnatela invisibile.

I doppi pensieri hanno la natura dei capelli delle ragazze: si infilano ovunque e ci si convive per un po’, ma quando ci si accorge che sono dentro una maglia o un paio di pantaloni provocano un prurito sgradevole e ti solleticano per tutto il giorno. Li si cerca, si tenta di tirarli via, di cambiare maglia persino, ma quelli rimangono là, saldamente avvinghiati al loro scopo e al piacere di torturarti lentamente.