L’ultima cosa a cui tutto si riduce è il perché.

Tutto quello che tentiamo di fare, quando diventiamo grandi, è trovare il perché a tutto, tutto quello che ci circonda.

In realtà noi ci nasciamo con il perché e cominciamo a perderlo verso i 4 o i 5 anni.

Il momento in cui lo perdiamo è cristallino e definito come poche altre cose nella vita lo sono. E’ il momento in cui ogni singolo marmocchio comincia ad attaccarsi alle sottane dei genitori, prende un bel respiro, fa gli occhioni grandi e comincia con una solfa di:

– Perché? –

E alla risposta di mamma o papà, attacca con un altro:

– Perché? –

Lo sentono, i genitori, quando arriva quel momento. Si alza loro la pelle d’oca sulle braccia, nel secondo che precede l’orribile fatto, e il sesto senso dice loro che per mesi, forse per anni, andranno avanti ad essere martoriati da queste domande.

Il perché è la domanda delle domande, non si sfugge. Non c’è modo di rispondere in maniera definitiva e nemmeno di cavarsela con una scappatoia filosofica. Ci puoi subito attaccare un altro perché e così via, all’infinito.

I grandi si dicono che i bambini cominciano con la storia dei perché perché cominciano ad imparare cos’è il mondo.

Ma come sempre, i grandi sbagliano.

I bambini chiedono perché cominciano a dimenticare cos’è il mondo e piano, piano, quando di notte nessuno veglia e gli angoli sono bui e gli armadi silenziosi, crescono.

Tutti i bambini piccoli hanno i loro perché. Poi li perdono e allora cominciano ad elemosinarli in giro, senza nemmeno capire come e perché lo fanno.

E, bam! All’improvviso sono adulti e si chiedono che fine hanno fatto tutti i perché, dove li hanno dimenticati, chi li ha loro rubati.

E allora cominciano a cercare risposte.

Lo sapete, voi, perché esistono gli scienziati?

Per trovare i perché perduti.

Perché siamo al mondo?

Perché stiamo attaccati alla Terra?

Perché esploriamo l’universo?

Perché.

Perché.

Perché.

Solo che non ricordiamo più la strada per le risposte e per questo continuiamo a cercare. La scienza delle risposte, ci siamo inventati.

Per esempio Helen Fisher, grande antropologo. Lui ha trovato il perché all’amore: è un mix di dopamina, ossitocina e feniletilamina, a seconda dei casi (se il sesso va bene, è grazie alla feniletilamina, mica all’anello che le avete comprato. Illusi).

Rebecca, a 8 anni, aveva trovato un perché molto più intuitivo e logico: Amore è quando sua nonna aveva l’artrite e non poteva mettersi lo smalto. Allora il nonno glielo metteva per lei. E il nonno aveva l’artrite pure lui. Questo era amore.

 

E quando i bambini stressano così tanto gli adulti con la loro lista di perché, i grandi si spazientiscono e tutti, tutti, nessuno escluso, rispondono:

– E’ così punto e basta!-

E invece no. Neanche noi grandi ci mettiamo un punto.

Lo chiamiamo in mille modi diversi e forse, a dire basta ai bambini forse ci vergogniamo un po’ perché, sotto sotto, continuiamo a cercarli tutti. Tutti i nostri perché perduti per strada.