Apre la porta facendo tintinnare la vecchia campanella di ottone tenuta su da un ricciolo arrugginito.

Dietro al bancone graffiato un Vecchio con due occhiali spessi quanto il fondo di una bottiglia finisce di spolverare una vecchia cassetta bordata di rame e la infila sotto il ripiano di legno vecchio.

– Buongiorno, come posso aiutarla? – domanda senza alzare gli occhi.

– Vorrei vendere una cosa. –

L’uomo lo guarda.

– Tu sei giovane. –

il Giovane non obietta. Il Vecchio lo scruta più da vicino facendo scintillare la montatura degli occhiali alla luce della lampada a basso costo che ondeggia dal soffitto.

– Tu sei troppo giovane, per vendere qualcosa, perché lo fai? –

Il Giovane si guarda intorno intimorito, non c’è nessuno a condividere con lui il giallo stanco di quell’atmosfera autunnale.

– Perché non me ne faccio nulla. –

-Sì, è quello che dicono tutti. Poi tornano qui correndo e lo rivogliono indietro. “Ci tenevo tanto, ero solo uno stupido ragazzino!” – scimmiotta la voce di un bambino, – E io non ho più nulla da darvi, a quel punto. –

Il Giovane tiene i suoi occhi chiari incatenati in quelli ingialliti e stanchi del Vecchio.

– Cos’hai, dai?- mormora alla fine liberando il piano e accendendo una lampada da tavolo, dalla luce fioca e tremolante.

– Ho il mio cuore. – dice il Giovane tirando fuori un involucro di stoffa che batte e si dimena un po’.

Il Vecchio si aggiusta gli occhiali e prende il fagotto, lo apre ed esamina il cuore rosso e pulsante del giovane. E’ un cuore timido, che trema un po’ ad essere malmenato a quel modo. E’ come se non si volesse far toccare.

– Che ci hai fatto con questo poveretto? – domanda il venditore.

– Io non ci ho fatto nulla. –

-Sì, come no. Qua è crepato, guarda. – dice il Vecchio girando il cuore di lato ed esponendo una crepa proprio tra l’atrio e il ventricolo destro. – Mi vuoi vendere un cuore infranto, giovanotto. E’ per questo che vuoi sbarazzartene, eh?-

Il Giovane non risponde e si fissa i piedi.

-Non hai altro? Il fegato va tanto tra voi giovani, lo rovinate e poi lo scaricate a me. O la gola. Corde vocali, magari, si vendono bene quelle. Non mi sembri così disperato da darmi un rene o qualche metro di intestino, ma pensa a qualcosa di diverso dal tuo cuore.-

Nessuna risposta. Il Vecchio appoggia i gomiti sul bancone, colto da un’intuizione: – Tu non me lo vuoi vendere perché non te ne fai nulla. Tu me lo vuoi rifilare perché non lo vuoi neanche vedere, ci ho visto giusto?-

Ancora nessuna risposta, se non un agitato guardarsi intorno.

– Senti, non me lo vendere. Impegnalo piuttosto, poi quando avrai i soldi ripassi a prenderlo. Ti sta bene? –

Il Giovane non sembra troppo convinto. Una mano rugosa e incallita allunga sul bancone tre monete luccicanti che una mano giovane e senza macchie prende e fa sparire in una tasca.

– Ti sta bene, vedo. Spero di vederti presto, in fondo.-

– No, io non credo.-

– Cambierai idea. La cambiano tutti. –

-E perché mai dovrei rivolere un cuore rotto quando non ha funzionato nemmeno quand’era intero?-

Il vecchio scuote la testa, prende una cassa di legno da sotto il bancone e la apre. Da dentro si sentono provenire molti tonfi sordi, alcuni lievi e lenti, altri più veloci. Il Vecchio ripone il cuore del Giovane, ancora avvolto nella stoffa, tra altri pacchettini palpitanti e richiude con un colpo secco il coperchio.

– Perché, Giovanotto, un cuore infranto che ancora batte è il tesoro più prezioso di tutti.-